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Mille anni per un solo bacio

Mille anni per un solo bacio

Poche storie hanno la fortuna di essere ascoltate, ma ancora meno sono quelle che hanno la fortuna di essere scritte. Ma la storia dell’uomo che riuscì a baciare la guardiana della luna è tra queste poche elette.

Come tante storie che riguardano gli uomini, tutto incominciò con la particolare curiosità di uno di essi. L’uomo in questione non era che un comune alchimista di nome Rubedo. La sua storia inizia secoli fa, quando ancora poco si conosceva della luna e sconosciuta era la sua guardiana.

Rubedo, affascinato dalla recente scoperta del cannocchiale, si cimentò ad usare lo strano strumento, convinto che la luna potesse aiutarlo nella sua ricerca della pietra filosofale. La sintesi di tale formidabile sostanza non poteva ignorare la collaborazione di una forza così potente come quella della luna, o almeno questo era ciò che Rubedo credeva. 

Ogni sera quindi, sempre un passo più vicino alla creazione del fine massimo dell’alchimia, Rubedo avvicinava l’occhio alla lente del cannocchiale, solcando con il suo sguardo la superficie della luna. Notte dopo notte, si sentiva sempre più vicino alla verità. Oceani grigi e tetre montagne si susseguivano gli uni dopo le altre, ma Rubedo poteva giurare di vedere un’ombra troppo veloce e piccola per essere seguita dai suoi occhi. Se solo le lenti fossero state più precise, se solo la sua vista fosse stata più aguzza.

Passata la buona parte di un anno, Rubedo era stato in grado di perfezionare lo strumento, fino a renderlo tanto preciso che guardare fuori la finestra e guardare le pianure lunari non sembravano più esperienze tanto diverse. Era arrivato il grande giorno per scoprire chi fosse quell’ombra che per notti intere lo aveva tenuto sveglio a studiare il cannocchiale e le sue imperfezioni.

Vestito con i suoi abiti più pregiati, come se dovesse fare udienza alla corte del re, Rubedo si affacciò sul balcone della sua misera casa, che anche con quintali di piombo trasformato in oro, non sarebbe mai potuta essere ordinata. Il cannocchiale lo aspettava lì, appoggiato alla ringhiera arrugginita, le lenti perfettamente pulite, scintillanti sotto la luce lunare. Per l’emozione faceva quasi fatica a respirare, ma riuscì a farsi coraggio e ad avvicinare il suo occhio tremolante alla prima lente. La luna era piena, un tondo di pallida luce tra le stelle timide. 

Il suo sguardo si estese su ogni angolo della luna. Dagli abissi più profondi alle impressionanti cime di montagne aguzze. Fino a cadere su una candida figura che avanzava tra la polvere e la luce. Il suo cuore non riusciva a contenersi, rischiando quasi di spremere il suo occhio contro la lente per quanto vicino si trovava ad essa. La figura danzava tra le rocce, la pelle più chiara del latte, gli argentei capelli volteggianti intorno a lei ed un volto tanto bello da far piangere. I suoi abiti, leggiadri e fini come la prima pioggia d’autunno, accarezzavano il suo corpo danzante. 

Il cuore di Rubedo sembrò arrestarsi per la sorpresa quando la misteriosa donna si fermò, guardandosi intorno come se si sentisse osservata. 

Rubedo staccò i suoi occhi dal cannocchiale, un miscuglio di stupore e paura scombussolava il suo stomaco. Credendosi folle, tentò di osservare di nuovo nelle lenti, ma eccola di nuovo, la donna della luna. Non stava più danzando, ma camminando, piuttosto di fretta, verso un dirupo vicino. Rubedo ricordava quel dirupo, l’aveva visto così tante volte, eppure, buio come era, non aveva mai prestato ad esso troppa attenzione. Ma quando la donna scomparve dentro di esso, lo disegnò su un pezzo di pergamena che aveva con sé. 

Le sue gambe tremavano mentre tornava dentro la sua casa. Non riusciva a crederci, non era possibile. “Una donna sulla luna!” balbettò a nessuno. Eppure l’aveva vista, ben due volte. Tornò al suo banco da lavoro, polveri e boccette sparse ovunque. Non riusciva a spiegarsi quella bizzarra sensazione nello stomaco, come se mille farfalle stessero migrando dentro di lui. Al solo pensiero di quel volto, anche la voce dentro di lui perdeva la capacità di parlare.

Se la donna era stata in grado di percepire il suo sguardo, forse allora c’era un modo per parlarle. Doveva riuscire a trovarlo.

Passarono mesi. Centinaia e centinaia di libri furono sottoposti alla sua attenta lettura. Ormai conosceva tutti i presunti modi in cui gli uomini erano stati in grado di comunicare con la luna. Anche a costo di passare una vita intera ad inseguire questo obiettivo, ci sarebbe riuscito. C’era lei a spingerlo a continuare le sue ricerche. Ogni sera era lì a danzare vicino al suo dirupo, stupenda e misteriosa.

Eccolo di nuovo sulla sua terrazza, nel cuore della notte, quando sapeva che tutti dormivano. Nelle sue mani, pergamene con preghiere in tutte le lingue alla dea luna. Non si era concesso un attimo riposo da settimane, ma sapeva che ne sarebbe valsa la pena.

Mentre recitava una formula in latino, gli occhi fissi nel cannocchiale, la donna si fermò di nuovo, un’espressione esterrefatta sul suo volto. Doveva star funzionando, la donna della luna lo stava sentendo!

Rubedo continuò la sua preghiera, stringendo forte la pergamena fino a quando una voce melodiosa non riecheggiò nelle sue orecchie. Parlava in latino, ma riusciva a comprenderla. “Non sento chiamare il mio nome in questa lingua da secoli, dimmi, uomo della terra, perché chiedi la mia udienza?” 

Rubedo poteva vedere le labbra della donna muoversi e le farfalle nel suo stomaco si moltiplicarono all’infinito. Non riusciva a credere di avercela fatta. L’emozione gli toglieva le parole, ma, con enorme sforzo, riuscì a parlare. “Il mio nome è Rubedo e… ti ho vista danzare sulla luna.” Le sue guance si tinsero di un rosso degno del suo nome.

La donna della luna rimase a bocca aperta. “Mi… mi hai visto danzare? Tanti uomini mi hanno parlato, ma tu solo dici di avermi visto.” 

“L’ho fatto e… volevo dirti che sai bravissima.” Rubedo si condannò per l’audacia delle sue parole, ma quando vide la donna arrossire nel suo cannocchiale, il suo cuore sembrò tuffarsi da un dirupo non meno profondo di quello in cui la donna si nascondeva ogni notte.

“T-ti ringrazio. Cosa desideri da me? Tutti gli uomini che hanno pregato il mio nome speravano in favori e protezione, immagino tu voglia fare lo stesso.”

“A dire il vero io… speravo solo di parlarti.”

Esitante, la donna parlò di nuovo. “Il tuo desiderio è stato esaudito, il tempo per la tua preghiera è terminato.” 

“No, non andare, devo dirti altre cose. Per favore!” Speranzoso, Rubedo attese una risposta, ma non arrivò.

Ci era riuscito. Era riuscito a parlare con la donna, ma non poteva fermarsi qui. Aveva così tante cose da domandarle e voleva sentire la sua voce di nuovo. 

Dovette aspettare la sera successiva affinché la sua strana preghiera in latino funzionasse di nuovo. E così ogni sera pregava per lo stesso desiderio: poter parlare con la donna della luna. Lei raccontava la sua storia, la sua solitudine e l’eternità che aveva vissuto. Rubedo non si stancava mai di sentirla e quando la sua preghiera perdeva effetto, la tristezza lo avvolgeva come la marea che lei controllava con la sua danza. Scoprì che non aveva nomi e al contempo ne aveva mille. Selene, Artemide, Chang’e, Iah, ma la sua essenza era una: custodire la luna e aiutare gli uomini sulla terra. 

Ben presto, Rubedo non riuscì più ad accontentarsi di sentirla e vederla, voleva poter essere vicino a lei. Voleva sentire la morbidezza della sua pelle sotto le sue dita. Ma come poteva raggiungere i candidi terreni lunari? Sembrava impossibile, eppure credere nell’impossibile lo aveva portato a parlare con la guardiana della luna. 

Ma dopo anni di futili studi, Rubedo comprese che non gli sarebbe bastata una vita per svelare i segreti del viaggio verso la luna. Tuttavia, se lui non era in grado, forse, tra secoli, qualcuno lo sarebbe stato. Quello che doveva fare era vivere abbastanza a lungo per assistere a quel giorno. Così tornò al primo obiettivo dell’alchimia e si concentrò notte e giorno sui misteri dell’immortalità e sulla gloria della pietra filosofale.

Nessun alchimista era riuscito a realizzare tale sostanza, ma nessun alchimista aveva avuto la guardiana della luna come compagna di ricerca. Ci vollero mesi, ma alla fine, Rubedo riuscì a bere il miracoloso succo della pietra filosofale. 

Passarono i secoli insieme, di preghiera in preghiera, notte dopo notte, ad attendere un modo per riunirsi. Rubedo viaggiò per il mondo, vedendo imperi crollare e assistendo alla nascita di nazioni, ma questa non è la storia di quei viaggi o di quell’attesa. Questa è la storia del bacio tra un uomo e la guardiana della luna. 

La guardiana della luna lo consolava paziente con il suo canto, perché lei aveva già vissuto un’eternità prima di lui. Ma Rubedo era un umano, inadatto all’immortalità, ormai stanco di sentire la presenza della sua amata solo nelle onde del mare e nella sua pallida luce. Ma finalmente, il miracolo avvenne. Una macchina, in grado di superare le distanze dello spazio, fu inventata dall’uomo, diretta alla luna. 

Rubedo, che ormai aveva sviscerato ogni conoscenza dell’alchimia, non fece alcuna fatica ad infiltrarsi sulla nave che portava il nome del dio del sole. Fu un viaggio senza pari, fuori dalle leggi della gravità. Dall’oblò della sua navicella, riusciva a vedere la luna ingrandirsi sempre di più e il suo cuore centenario fremeva. Neanche l’immortalità poteva prepararlo a questo incontro. Si guardava nel riflesso, come se ormai non conoscesse il suo giovane volto a memoria per i secoli in cui era rimasto invariato, spaventato di non essere bello abbastanza per la guardiana della luna. Ma il loro amore andava ben oltre mere apparenze.

Durante l’atterraggio, Rubedo non sapeva se era il rombo dei motori o il battito del suo cuore ad essere più rumoroso. Ed ecco che il suo piede calpestò il suolo polveroso della luna. La sua solita preghiera, ormai un mantra senza tempo, sfiorò la sua bocca, mentre fuggiva dai suoi compagni di viaggio ignari della sua presenza. 

Invisibile agli occhi di tutti, corse nella direzione in cui la sua amata gli sussurrava. L’aria si consumava nei suoi polmoni, ma Rubedo non si fermò fino a quando non trovò la guardiana della luna. 

Senza nemmeno un soffio d’ossigeno rimasto, Rubedo era ai piedi della guardiana. Lei prese il suo volto tra le sue mani, più soffici di quanto Rubedo potesse mai immaginare, e lo avvicinò al suo. Tremarono entrambi, come bambini spaventati, negli attimi in cui le loro bocche si avvicinarono. Ma, dopo un’attesa durata secoli, le loro labbra finalmente si toccarono e una nuova vita sbocciò nei polmoni morenti di Rubedo. Non più uomo, non più alchimista, ma guardiano della luna a sua volta.

Così finisce la nostra storia, con un bacio eterno lungo quanto l’eterna attesa di esso. 

 

Michel Costantini

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