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Basta solo un nome

Basta solo un nome

 

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L’acqua raggiunge le mie ginocchia, ormai la mia pelle è totalmente impregnata. Vago da giorni, neanche io conosco la mia meta. I piedi mi fanno male. Gli scarponi pieni d’acqua appesantiscono i miei passi. I pesci sfiorano continuamente le mie caviglie fastidiosi. Non c’è più nessuno, sono tutti… morti. Gli alti grattacieli sono crollati a terra, tra le loro macerie si sente il fetore di cadavere. 

Appena sento un movimento alle mie spalle, mi volto all’istante, il coltello sfoderato. Non devo lasciarmi ingannare, il mio nome è Erik, Erik, come quello di mio nonno. Una bambina è davanti a me. 

«Signore, signore, mi aiuti, ho tanta paura. Chi è? Mi dica chi è lei, la prego.» Le treccine sono bagnate e i vestiti fradici e nel suo sguardo d’ambra c’è un ansioso terrore. 

Ma una bambina non sarebbe mai sopravvissuta tanto a lungo, non devo lasciarmi ingannare. 

«Signore, la prego, ho paura» mi supplica, allungando la mano verso di me, facendo attenzione a non toccarmi.

Il mio nome è Erik, non devo dimenticarlo. Alzo il coltello tremante. Le pupille della ragazzina si dilatano impietrite. Chiudo gli occhi, voltando la testa e conficco la lama nel collo morbido, lo sento lacerarsi. Lo schizzo di sangue mi fa rabbrividire, mentre macchia caldo la mia maglia. Un grido stridulo e assordante esce dalla bocca della ragazzina, mentre la sua pelle si contorce cambiando forma. Braccia contorte piene di pinne, delle gambe deformi, unite da una sottile membrana. Un volto orripilante, dagli occhi enormi e vitrei, ma quello che più mi disgusta è quello strano sorriso, impresso negli angoli della bocca oblunga, da cui tutte le zanne si vedono, numerose e disordinate. Il cadavere verdastro si stende sulla superficie dell’acqua, galleggiando lontano. Deglutisco un conato di vomito. 

Quelle sirene, quelle dannate sirene. Mio nonno mi aveva sempre avvisato, i pescatori come lui lo sanno bene: mai rivelare il nome della propria terra ad una sirena o l’ira della loro demonica stirpe si abbatterà su di essa. E ricordo perfettamente anche l’altro suo avvertimento: «mai pronunciare il tuo nome ad una sirena o la tua mente cadrà nelle loro mani e non dimenticarlo mai, mai». Credevo fossero solo leggende, ma mi sbagliavo. I pescatori conoscevano le sirene, ma non gli altri. Che sia maledetto colui che ha rivelato questa città. 

Non avevo mai visto nulla di più raccapricciante prima di allora e anche da medico, mai tanto sangue. Fu una catastrofe. Quando le vidi arrivare, capii subito che era la fine. Erano migliaia, fameliche in quell’onda enorme, che aveva spazzato via tutto come se non fosse altro che polvere. E poi c’era Lei, stupenda, magnifica, gloriosa… Lei, la creatura più bella… Lei, la loro regina, Lei… non devo pensare a Lei, non posso. Il mio nome è Erik, come mio nonno.

La mia gola si è seccata. Frugo nella mia borsa, ma la bottiglia è vuota. Non troppo lontano dovrebbe esserci un supermercato. Lo raggiungo. L’acqua pesa su ogni mia falcata, le mie cosce sono tese da ore e i crampi mi fanno girare la testa, ma devo aspettare. Aspettare che qualcuno venga qui.  Potranno anche aver distrutto tutto, ma non possono aver cancellato questo posto dalla memoria del mondo… vero?

I vetri delle porte del supermercato sono rotti, faccio attenzione a non tagliarmi. L’odore che c’è qui dentro è mefitico, digrigno i denti. Oso solo immaginare da dove provenga. Venivo qui spesso prima… prima di quel giorno. Il reparto dell’acqua è sulla destra. Prendo una bottiglia e bevo assetato. 

Una luce viene dalle porte scorrevoli, candida e accecante, più intensa di quella del sole. Mi dirigo verso di esse e poi La vedo. La Sua chioma è una cascata di capelli bianchi, il Suo volto è perfetto come una statua, i Suoi abiti sono veli leggeri. Sfiora l’acqua leggiadra, camminando con la grazia di una dea. Voglio raggiungerLa, voglio dirLe tutto di me, voglio che Lei mi consideri. No. Il mio nome è Erik, come quello di mio nonno, e Lei non è altro che una lurida sirena, una bellissima, magnifica, lurida sirena. 

Provo a scappare da quella visione, ma appena mi allontano, Lei si gira verso di me. I Suoi occhi sono bianchi come la schiuma delle onde, sembrano due rare perle. Il mio nome… il mio nome è Erik. 

«Mio giovane tesoro, raggiungimi.» Le Sue labbra si schiudono, la Sua voce è così soave, sembra il canto di una… sirena. No, il mio nome è Erik e devo fuggire, i soccorsi stanno per arrivare, devono essere vicini. 

Mi volto, provando a correre, ma la corrente si fa atrocemente forte spingendomi indietro. Ha aperto le braccia, le Sue mani eleganti si stanno stringendo in un pugno. Non posso far altro che arrendermi, ma devo ricordare il mio nome, Erik.

«Mio amato, rivelami il tuo nome, voglio sapere se è bello come te» mi dice.

La lingua vuole fuggire dalla bocca. La mordo con i denti, il sapore metallico del sangue mi bagna le labbra.

«Non avere paura, rivela il tuo nome.»

Chiudo gli occhi e penso a mio nonno, mi chiamo come lui, Erik. Vedo il suo volto rugoso che mi racconta di questa tremenda creatura che ho davanti e i peli bianchi della sua barba ispida che si muovono con le sue guance mentre impreca. Devo fuggire. 

Inizio a correre, per quanto l’acqua me lo permetta. Devo andare più veloce, Lei è dietro di me.

«Dove scappi, mio giovane tesoro. Dimmi il tuo nome e porrò fine ad ogni tua paura.» 

Più veloce. L’acqua mi raggiunge la vita. I gomiti. Il collo. Devo iniziare a nuotare. 

«È solo una parola, dolce tesoro, dimmela.»

Annaspo, il mio nome è Erik, ma non devo dirlo. Mi mancano le forze e i crampi mi stanno massacrando le membra.

«Vedo che soffri, mio dolce amato.»

«Aiutami, ti prego.»

«O tenera creatura, sai bene che non posso toccarti fino a quando non mi riveli il tuo nome.» Mi sorride. Il Suo sorriso è così bello. Sembra così tranquillo, forse mio nonno si sbagliava.

Le gambe mi fanno troppo male, le braccia non riescono più ad alzarsi. Forse… forse mio nonno si sbagliava. 

«Erik» sussurro prima di affondare. Il Suo sorriso si fa ancora più ampio.

La mia testa va sotto l’acqua. Tutt’intorno a me ci sono… centinaia di sirene. Mostruose, mi guardano fameliche. I loro corpi deformi mi circondano. I loro sorrisi sono sadici.

Alzo la mano, mentre vado verso il basso, cercando di afferrare quella superficie che si allontana. Una mano la stringe. Nera come la notte. Un volto terrificante si immerge nell’acqua.

Lei, orrenda, ripugnante, mostruosa… Lei, la creatura più orribile… Lei, la loro regina, Lei, la mia rovina. 

Afferra più forte la mia mano e la porta alla sua bocca spalancata. Le mie grida sono sommerse dall’acqua, mentre sento la mia carne lacerarsi.

 

Michel Costantini

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