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La danza di mille petali verdi

La danza di mille petali verdi

 

Dolci melodie suonate da violini riempivano l’aria, qualche indizio di flauti regalava un ritmo allegro. Le porte di corteccia dell’immensa sala da ballo si spalancarono, una sfilata di dame entrò nella stanza, ammirando la bellezza che le circondava. Colonne di rami nodosi sorreggevano una cupola di foglie verdeggianti, mosse da una brezza leggera, lucciole luminescenti svolazzavano nell'aria. I luminosi raggi della luna descrivevano falci di luce sul pavimento. 

Su un alto trono scavato in un tronco sedeva un uomo enorme, la rugosa pelle color nocciola del volto ospitava un sorriso gentile. Gli occhi scuri si perdevano nella folla che lo guardava gioiosa. Sulla testa calva era poggiata una corona di rami e la sua intricata veste marrone era puntellata da fiori colorati. «Mie amate foglie, - esordì - oggi è un giorno di festa. Il terrore che ha afflitto il nostro piccolo regno tanto a lungo è finalmente terminato.» Gli applausi fragorosi superarono il vivace suono dei violini. «Che questo ballo possa darvi la forza di rinascere più rigogliose di prima, ma adesso godetevi solo questa ritrovata pace.»

Diana si girò verso la sua accompagnatrice che ricambiò lo sguardo colmo di entusiasmo. Porse la mano in avanti e la ragazza la prese, posizionando l’altra su un fianco. «Dafne, iniziavo a perdere le speranze» disse malinconica.

«Anche io» rispose quella. Gli archetti dei violini scivolavano sulle corde con eleganza, le note si susseguivano veloci incalzando  il ballo. «Ma non hai sentito? Ora è tutto finito, siamo di nuovo libere.» Fece un passo a destra, iniziando a danzare, guidando i movimenti dell’altra.

I loro vestiti verdi come la cupola frondosa volteggiavano con i loro corpi, seguendo l’armonia. Le lunghe gonne creavano grandi cerchi ad ogni cambio di orientamento. Si guardavano negli occhi con calma, tutto intorno era uno sfondo mosso per i loro veloci movimenti. Il ticchettio dei tacchi delle loro scarpe scandiva ogni passo. I lunghi capelli verdi di Diana sembravano nastri di raso quando girava sotto la mano di Dafne, seguendo i crescendo dei violini come un perfetto carillon. Quando le maschere di fiori gialli delle due passavano sotto la luce biancastra della luna, ogni venatura dei petali sembrava brillare.

«Dobbiamo fare così tante cose adesso. Ora che finalmente possiamo» annunciò Diana emozionata. Il pensiero di quei tetri giorni passati rannicchiata in un angolo dell’albero tremando come nelle notti più ventose la infestavano ancora. Anche in quella stupenda sinfonia riusciva ancora a sentire le tremende esplosioni.

«Certo, il Re albero è riuscito a proteggerci, recupereremo tutto il tempo perso.» Le labbra carnose di Dafne si curvarono all’insù. «Vedremo i fiori sbocciare.»

«Aspetteremo l’arrivo degli insetti.»

«Le api ricominceranno a lavorare.»

«Magari qualche dente di leone rimarrà incastrato e dovremo aiutarlo.»

«Qualche uccello forse farà il nido!»

«Non vedo l’ora.» Dafne si avvicinò di più all’altra ragazza. «Da quanto tempo non abbiamo un ballo di primavera come questo?» Un accenno di malinconia minacciò di incrinare il suo bel sorriso.

Lo sguardo di Diana si fece più cupo mentre roteavano nella sala. Il Re albero era sul punto di addormentarsi, il peso della vecchiaia e delle fatiche gravava sulle sue palpebre. «Sembrano passati secoli… ma da ora saranno tutti così, vero?» L’apprensione nel suo viso aspettava una riposta di Dafne, se lei l’avesse detto le avrebbe creduto.

«Certo. Forza, te lo farò vedere.» La prese per mano e iniziò a camminare, smettendo di danzare.

«Dove vai?» chiese stupita Diana, tenendo il passo a stento con la compagna. 

Passarono tra le altre dame-foglie danzanti chiedendo una miriade di scuse, fino ad arrivare ad un arco che si apriva sulla parete vegetale. Lo attraversarono trovandosi su un ramo, sotto di loro c’era il lungo tronco dell’albero che affondava le sue radici nell’erba verde.

Le labbra di Diana si schiusero per lo stupore. Il suo sguardo viaggiò sulle migliaia di tombe che circondavano l’albero. Statue di angeli, senza ancora il muschio a ricoprirle, croci piantate nel terreno. La pietra assumeva mille forme diverse, ma tutte erano accompagnate da fiori che iniziavano già ad appassire nei loro vasi di vetro. Le lacrime bagnarono le sue guance, ricordava la distruzione che aveva ricoperto quelle terre. Riusciva ancora a vedere il sangue e quei corpi straziati, ma erano solo nella sua testa. Oltre quella distesa luttuosa le luci della città illuminavano l’orizzonte. Piccole come stelle, alcune si spegnevano, altre si accedevano proprio in quel momento. 

Dafne indicò il cielo. «Guarda lassù.» Le sue parole furono seguite da un’esplosione di colore. Bellissimi fuochi d’artificio illuminarono quella notte senza stelle. Verde, blu, rosso, oro, ognuno era diverso. 

Il rumore degli scoppi suscitava terrificanti ricordi nella mente di Diana, ma quello spettacolo variopinto le calmava il cuore. Si rifletteva sulle sue lacrime che continuavano a sgorgare, in un misto di gioia e tristezza. «Quindi gli umani ci sono riusciti… hanno trovato la pace.»

«Il Re albero l’ha detto. Ora abbiamo tante cose da fare.» Dafne si appoggiò con la testa sulla spalla di Diana, stringendole più forte la mano.

La loro pelle scura si perdeva nel buio, ma i loro occhi gialli brillavano come soli. «Non vedo l’ora» sussurrò Diana, ammirando ancora quel panorama con calma. 

 

Michel Costantini

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